venerdì 28 dicembre 2012

IV (S): Pesate complicate

IV (S): Pesate complicate

Il problema delle pesate, a differenza di quelli posti precedentemente, non sembra semplicissimo. Almeno a prima vista. Con una bilancia a due piatti (vedi foto) si devono pesare oggetti di peso compreso tra un grammo e 499 grammi, con un errore non superiore a 1 grammo. Qual è il minimo numero di pesi campione necessari per tale scopo, sapendo che non si possono mettere pesi nel piatto su cui poggia l'oggetto da pesare? Questo era quanto richiesto. 
Poiché l'errore che si può commettere in ogni pesata è di un grammo, basta scegliere i pesi campione in modo tale da potere esprimere con le loro combinazioni, tutti i pesi pari da 2 a 498.
Di questo, nella bottega se ne era accorto un distinto signore con uno spiccato accento spagnolo. Tale Carles. Che mi aveva fatto notare che prendendo come pesi campioni i pesi  2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256 grammi, sarei stato in grado effettivamente di pesare tutti gli oggetti nel range di peso richiesto. Vispo il ragazzetto spagnolo! 
In questo periodo di crisi però, volevo anche essere sicuro che utilizzando meno 8 pesi il mio compito sarebbe stato impossibile. Se ci fosse stato modo di risparmiare un pochino...


Vediamo in maniera abbastanza semplice, perché non posso comprare meno di 8 pesi per utilizzare propriamente la mia bilancia.
Se ho a disposizione n pesi e ne posso scegliere h tra questi,  con questi n pesi posso ottenere al più 

Quindi usando tutti gli n pesi posso ottenere al più 

Richiamando la formula del binomio di Newton (applicato al caso banale a=b=1) si ha


Da queste ultime considerazioni segue immediatamente che


Segue che se bastassero n < 8 pesi campioni, si avrebbe  p(n) < 128. Siccome gli oggetti da pesare oscillano da 1 grammo a 499 grammi e l'errore massimo permesso è di un grammo (in più o in meno), se fossero bastati 7 pesi campione si sarebbe coperto un intervallo di ampiezza 499 con al massimo 127 intervallini di lunghezza 2. Chiaramente questo è impossibile anche per il mio dirimpettaio, poiché 2 x 127 < 499.
In ogni caso, visto che mi ero prefisso il limite di 10 pesi campione al massimo per procedere all'acquisto del prodotto del rappresentante, ho mantenuto la parola, per la felicità dei miei clienti.
E al giovanotto spagnolo, visto che ha risolto solo per metà il problema, farò il 50% di sconto sul prossimo taglio. La crisi, d'altronde, è crisi per tutti!
Buon Anno! 
La bottega chiude fino all'inizio del 2013. Giorno più, giorno meno!









giovedì 27 dicembre 2012

Giochi natalizi

(Parentesi natalizia)

Come tutti gli esercizi che si rispettino, anche la mia piccola bottega è restata chiusa per le feste comandate di Natale e Santo Stefano. La gente ha altro da fare che venire a tagliarsi i capelli in questi giorni. La gente è a banchettare con la famiglia riunita in lunghissimi pranzi o cene di cui a lungo conserveranno memoria e gastrite. Si preferisce la passeggiata sotto le luminarie natalizie nei piccoli paesi nei borghi limitrofi. Che comunque, per la crisi, non pullulano di persone. Il dopo cena natalizio è votato come consuetudine alla tombola, al sette e mezzo o ad altri giochi di società (di questo periodo si riscopre il buon vecchio risiko, il monopoli, il tabu, etc...).
E' proprio di giochi da tavolo che vorrei brevemente parlarvi in queste poche righe. Perché in questi ultimi tre mesi ha visto la luce un nuovo gioco da tavolo: il Pentagon. O almeno questo è il nome con cui questo gioco è stato proposto ad una casa editrice. Ma andiamo per ordine.
L'idea del gioco nasce circa un anno fa. Qualcosa di più. C'era in Inghilterra un gioco con le parole molto semplice ma efficacie. Due giocatori sceglievano due parole di quattro lettere e ognuno di essi doveva raggiungere quella dell'avversario cambiando di volta in volta solo una lettera e passando per parole di senso compiuto. I punteggi variavano in base alle parole scelte o alle lettere usate. L'idea sembrava funzionare anche in italiano. Per fare un esempio. Se gioca A contro B e le rispettive parole sono: "cane" e "pari", il giocatore A poteva usare la sequenza: cane-pane-pare-pari, per raggiungere la parola di B. Non ricordo esattamente quali fossero i criteri di valutazione punti del rispettivo gioco d'oltremanica. A partire da questi pochi confusi elementi però, uno dei tanti professori precari (che chiameremo genericamente Claudino) cominciò a pensare all'idea di sviluppare un gioco. Diverso da quelli che già erano in giro. Più veloce dei classici (e bellissimi) Monopoli, Risko, che non si ripetesse come i sempre classici (e sempre bellissimi) Trivial Pursuit e Tabu, dove non ci fossero i tempi di attesa tra un turno e un altro del classicissimo (e comunque bellissimo) Scarabeo.
Come sviluppare allora questa idea? Aggiungendo altre tipologie di gioco nelle quali far confrontare i giocatori a spasso per il tabellone. L'idea poteva funzionare! E allora in una notte di inverno, coinvolgendo nell'ingrato compito coinquilini e colleghe di lavoro, si prepara una bozza di tabellone per poter sviluppare il gioco. Quale forma scegliere per il tabellone e quale topologia adottare? Non essendo tra noi nessuno troppo abile nel disegno tecnico e, soprattutto, non disponendo di adeguata strumentazione, si opta per un esagono con la topologia del Trivial (in fondo il gioco è completamente diverso, copiarne la topologia abbastanza banale non è reato!). Si sceglie l'esagono soprattutto perché gode della proprietà non trascurabile che la lunghezza del lato è uguale a quella del raggio della circonferenza nella quale viene inscritto. Il risultato fu discutibile. E ve lo riporto qua in una delle sue prime forme (Vedi foto sopra). I colori a pastello sembrano dati (male) da bambini delle scuole medie, i disegni accurati soltanto perché copiati e incollati da internet e una geometria euclidea che finiva nello spazio di un A1 (non si trovano due rette parallele nemmeno a pagarle). Ma non importava. Per iniziare a giocare poteva andare bene anche così. 
Allora Claudino inventa altre 5 tipologie di giochi tra parole, dadi, numeri e pedine. Ma alla prima uscita ufficiale del gioco, lo stesso appare lento e lungo. Tutto il contrario di quello che doveva essere all'origine.
Forse sono troppi sei giochi. Forse sono troppi sei giocatori (il tetto massimo). Allora bisogna rimetterci mano sul serio. Le potenzialità sulla carta di fare qualcosa che potesse funzionare c'erano!
Nel frattempo il precario Claudino è chiamato a lavorare al CTP di Poggibonsi, una scuola a suo modo interessante che si occupa tra le altre cose dell'insegnamento per gli adulti diviso in: corsi serali, carcere ed ospedale. Per il progetto scuola in ospedale a Claudino viene assegnato il compito di fare da supporto alla didattica a un giovane ragazzo brillante di 17 anni, che d'ora in avanti chiameremo Alessandro B. (o semplicemente Alessandro), affetto da leucemia. Tra i due è stata subito intesa. Ma tre o quattro ore su disequazioni logaritmiche ed esponenziali erano troppe da sopportare per chiunque. Figuriamoci per un ragazzo in una stanza d'ospedale. Allora, approfittando dell'intelligenza viva e ingenua di quel ragazzo, Claudino decide di dividere in due il tempo da trascorrere con Alessandro in  ospedale. Le prime ore si trascorrevano risolvendo equazioni e disequazioni, dopodiché si poteva passare a fare cose più serie: sviluppare il gioco, il cui nome al tempo era "Double Dice", vista l'importanza che avevano in quella versione i lanci doppi. 
Con Alessandro si migliorano le dinamiche del gioco, evitando che i giocatori sfruttassero soltanto una minima parte del tabellone. E' in quei giorni che nasce l'idea di spostare la pedina del giocatore sfidante verso la casa madre della sfida scelta. Costringendo in qualche modo, via via, tutti i giocatori a spostarsi in lungo e in largo per il tabellone. Il gioco migliora e il tempo medio di una partita rientra nei normali range dei 60 minuti circa. Ma ancora qualcosa non funziona.
Arriva l'estate (quella del 2012) e il gioco rimane nello studio. L'estate si esce, si va al lago, in vacanza. Non è tempo di giochi in scatola. Però da Settembre, prima che un'improbabile supplenza possa spezzare il grigiore e l'apatia del precariato, c'è tempo ancora per capire cosa non va e cosa può essere ulteriormente migliorato. 
Il gioco si comincia a portare da colleghi, amici e contemporanei. Si prova. Si ascoltano le critiche spesso distruttive a riguardo. Si raccolgono un po' le idee e si decide quindi di passare a una nuova forma. Quella pentagonale. Quella definitiva. Il gioco da questo momento si chiamerà Pentagon. Non è un nome originale, ma è anche l'unico decente che ci è venuto in mente. Il gioco viene fatto provare anche a uno studente vispo del serale, che da ora in poi chiameremo Giorgino, che, coinvolto dalla novità e dall'originalità del gioco, sacrifica qualche nottata per regalarci un tabellone come si deve. Vi mostro anche questo!


Ma questa è già storia recente. Verso Settembre infatti Claudino comincia a vedere in giro di qualche casa editrice disposta a pubblicare questa idea. In fondo è un buon investimento: non ci sono gadgets particolari, serve solo un tabellone, una clessidra e qualche dado. Minima spesa. All'inizio di Novembre a Lucca si tiene la consueta rassegna del Lucca Comics & Games (and Games!). Quale occasione migliore! Attraverso la rete Claudino vede che una casa editrice (che chiameremo genericamente la Giochi Uniti) di Napoli, durante i giorni della fiera avrebbe ascoltato le nuove proposte di giochi da tavolo per un'eventuale pubblicazione. Ottimo! Claudino allora decide di andare a proporre proprio a loro la sua proposta di gioco. Manda quindi una mail ad una persona che potremmo chiamare per esempio Giuliana Santamaria. Nel giro di una settimana la casa editrice risponde per mail nella persona del Sig. Silvio Negri Clementi (chiamiamolo così) e viene fissato un appuntamento a Lucca per il 2 Novembre! Ogni tanto le cose in Italia sembrano davvero funzionare. Claudino avverte Alessandro che, causa di alcune visite imminenti, non può prendere parte alla spedizione esplicativa di Lucca. Claudino parte accompagnato dalla collega (e codisegnatrice della prima versione) Rossella Lussone (nome di fantasia) e dal filoso post Hegeliano in cerca di occupazione Luca Demontis (sembra un bel nome per un post-Hegeliano). Arrivano a Lucca con qualche minuto di ritardo. La città trabocca di persone (e di macchine). Con il tabellone gigante del gioco, la copia cartacea della regole e i dadi, Claudino si reca allo stand della Giochi Uniti. All'interno del padiglione dei giochi non è difficile da vedere. Appare grandissimo sulla destra in fondo, rispetto all'entrata ovviamente. A Claudino e al filosofo (Rossella si era preso l'ingrato e arduo compito di parcheggiare la macchina) si aggiunge la prof.ssa Patrizia Marzuoli (ex collega di Claudino e sperimentatrice del gioco in più di un'occasione). Arrivati allo stand vengono avvisati che il personale è momentaneamente in riunione. Chiameranno loro appena pronti. Cosa che da lì a quindici minuti avviene. Claudino, Patrizia e Luca vengono scortati in una stanzina piccola ma accogliente dove ad attenderli c'era un signore sulla cinquantina circa, niente di meno che l'amministratore delegato della Giochi Uniti. Chiamiamolo da qui in avanti Ricciardi Luigi.
Il sig. Ricciardi ascolta con vivo interesse la spiegazione di Claudino delle dinamiche del Pentagon e dei vantaggi (palesi) rispetto agli altri giochi già in commercio. Sembra coglierne l'essenza e le potenzialità. Ascolta tutta la spiegazione restando in silenzio 10 o 15 minuti. Sembra soddisfatto e chiede una copia del regolamento. Non può rilasciare (come è giusto che sia) alcun commento a riguardo. La tipologia di gioco non rientra nei loro target di mercato (più vicini al Fantasy) e bisogna studiarlo con più attenzione.  Assicura però che ci avrebbero pensato tre settimane circa. Passate le quali avrebbero dato una risposta.
Finisce qui al momento la storia del Pentagon. Le tre settimane passarono. Arrivò a dire il vero, quasi inaspettato, anche Dicembre. Ma nessuna risposta. Né positiva, né negativa. Forse gli impegni si sono accavallati, forse il lavoro è stato più del previsto, si avvicina il Natale...
Verso il 10 di Dicembre il povero Claudino prova a mandare una mail al sig. Ricciardi (unico contatto che aveva lasciato il giorno della fiera) ma niente. Nessuna risposta. Prova quindi qualche giorno dopo a mandare una mail al sig. Negri. Niente. Prova a chiamare il sig. Negri. Al telefono risponde. Dice di aver visto la mail e di averla girata al sig. Ricciardi. Niente. Prova in ultima istanza a mandare una mail alla casa editrice tramite un apposito modulo telematico. Niente.

Il gioco, nella sua forma attuale, è dinamico e veloce. Non è ripetitivo e i turni di attesa dei singoli giocatori sono minimi. Le regole in dettaglio verranno pubblicate più avanti. Speriamo che la Giochi Uniti (casa editrice molto grande e seria) dia in breve tempo una parola definitiva sulla questione. In caso di mancato interesse da parte di quest'ultima, se ci fosse qualche altra Casa Editrice in ascolto e si volesse interessare seriamente del gioco, può contattare direttamente Claudino per mail a: marjnj@libero.it.
Tengo a precisare che la finalizzazione di questo progetto non ha carattere di lucro. Sarebbe anzi molto bello volgere parte del ricavato all'AIL (Associazione Italiana contro le Leucemie). C'è soltanto la voglia di vedere portato in fondo un progetto che, passando più e più volte da una stanza di ospedale, ha visto la luce, dopo più di anno di gestazione e doglie condivise tra amici, colleghi e coinquilini.Se conoscete qualcuno potenzialmente interessato diffondete senza problemi.

lunedì 24 dicembre 2012

IV: Pesate complicate

IV: Pesate complicate

E' Natale e la bottega pullula di gente in questo periodo. Tutti vogliono farsi belli per il pranzo con i parenti che si vedono giusto in questi giorni di festa, per la messa di mezzanotte dove ritrovano amici e compaesani che il lavoro o lo studio hanno portato lontano o semplicemente perché è festa e bisogna essere tutti vestiti a modino. In queste ultime settimane dell'anno passano anche nel negozio tanti rappresentanti di ditte cosmetiche che vogliono propinarmi i loro prodotti. Ne passano di tutti i tipi: da quelli che vendono lo shampo che abbronza a quelli che propongono il balsamo che toglie le rughe, un via vai che non potete nemmeno immaginare. 


Dei tanti che sono passati, merita però di essere rammentato un rappresentante che è capitato proprio qualche ora fa in negozio. Vendeva una crema che si doveva unire al balsamo a fine trattamento per migliorare la struttura e la morbidezza dei capelli. Ha fatto una dimostrazione del prodotto e devo dire che sembrava davvero funzionare. Il problema di questo unguento miracoloso è che deve essere dosato con discreta precisione in base alla tipologia di capelli: si varia dalla quantità minima di un grammo per un buon tipo di capelli ai 499 grammi per i capelli più disastrati. Il problema è che non c'è un dosatore tarato nella confezione del prodotto.  Il rappresentante, non perdendosi d'animo e intravedendo una bilancia a due piatti nel salone, mi disse che avrei potuto usare quella per dosare efficacemente il prodotto. Mi disse che l'errore di un grammo era tollerabile. Gli feci notare che quella bilancia era in disuso da molto tempo e non c'erano più i pesi campioni che si utilizzavano per bilanciare l'oggetto di cui si doveva conoscere il peso. E, cosa non da poco, non avrei voluto spendere molto per rifarmi fare i pesi necessari. Il rappresentante mi disse che secondo lui non ne sarebbero serviti molti e il gioco valeva la candela. Non so se mi stesse dicendo così solo per convincermi o aveva qualche nozione in più di matematica che a me sfuggiva. 
Gli dissi che ci avrei pensato un po' e di ripassare il giorno dopo. Mi posi questo limite: se bastava far costruire 10 o meno pesi campione avrei acquistato la sua crema altrimenti avrei declinato l'offerta.

Essendoci molte persone in attesa di un taglio, ne ho approfittato per fare questa offerta: chiunque mi avesse aiutato a risolvere il problema dei pesi, avrebbe avuto il taglio gratis.
Riassumo per chiarezza il quesito da risolvere (per evitare che qualcuno poi reclami un taglio gratis senza motivo): si deve capire qual è il minimo numero di pesi necessari, per potere pesare, utilizzando una bilancia a due piatti (e non potendo mettere i pesi campione nello stesso piatto dell'oggetto da pesare) oggetti di peso variabile da un grammo a 499 grammi, potendo commettere però l'errore di un grammo.
A me non sembra una questione da poco. Se qualcuno di voi ha qualche idea, si faccia avanti.

giovedì 29 novembre 2012

III (S): La uno, la due... o la trè

La uno, la due o... la trè

Ero al telefono, avevo l'occasione buona per cambiare finalmente la mia macchina. Il gioco era semplice. Dovevo solo decidere se mi conveniva cambiare la porta inizialmente scelta oppure rimanere nelle mie posizioni. Tutto sommato non mi sembrava ci fosse una grande differenza. In fondo la macchina era dietro a una delle due porte rimaste. Quindi o era dietro la mia o era dietro l'altra. Una scelta al 50%. Tanto valeva rimanere fedele al ragionamento che mi aveva portato a quella scelta.
Nel negozio però, durante la telefonata, in attesa di essere acconciato bene bene dalla mia sapiente mano, c'era un signore di nome Duccio. C'è molto mistero sulla sua attività lavorativa (in fondo qui dal parrucchiere si parla solo e sempre di futilità) e sul perché due volte all'anno lo trasferiscono a lavorare in una sede diversa. Qui in città però tutti sanno della sua abilità e maestria nei giochi di carte. E' un professionista infatti nell'arte del burraco, dello scopone scientifico e dell'asso piglia tutto


Aveva seguito l'intera telefonata in silenzio. Sembrava avere afferrato il nocciolo del problema. Quando chiesi aiuto ai presenti, non esitò un attimo a dirmi di cambiare porta. "E' sicuramente più probabile vincere cambiando porta! C'è una probabilità doppia addirittura di trovare il premio cambiando piuttosto che tenendo la porta che hai scelto."
Essendo a digiuno di calcolo di probabilità (altrimenti non avrei fatto il parrucchiere), mi fidai ciecamente del suo suggerimento e confermai al conduttore la mia volontà di scegliere l'altra porta. Non potevo sbagliare! Lui era un esperto in fondo di probabilità e statistica- qualunque fosse il suo vero lavoro! 
Non vi dico la delusione quando il conduttore mi comunica che l'automobile meravigliosa messa in palio era dietro la porta che avevo inizialmente scelto. Come? Non dovevano esserci il doppio di probabilità di vincere cambiando? Chiesi spiegazioni a quel fenomeno del burraco e della canasta. 
Ecco cosa mi rispose:
"In primis (perché chi inizia con una locuzione latina merita sicuramente rispetto e ascolto in religioso silenzio), il fatto che fosse più probabile trovare la macchina cambiando porta non vuol dire che fosse certo! In fondo è la stessa situazione di quando compri mille biglietti della lotteria. Hai più probabilità di vincere di chi ne ha comprato solo uno, ma non è detto che non sia quest'ultimo il biglietto vincente." Brutto a dirsi, ma non aveva torto. Poi continuò:
"In secundis (rieccolo con questo latino!), la tua scelta era stata fatta su tre porte, quindi la probabilità di vincita era all'inizio di 1 su 3, quindi 2 su 3 che il premio fosse nelle rimanenti. Il conduttore a questo punto ha fatto una cosa che poteva- conoscendo la porta vincente- sempre fare: scoprire una delle due capre in gioco! Nel frattempo non ci sono motivi o cambiamenti sostanziali che in qualche modo abbiano fatto aumentare la probabilità che la porta che avevi scelto fosse quella giusta. Quindi i restanti 2/3 di probabilità sono confluiti nell'altra porta rimasta chiusa. Quindi 2/3 è il doppio di 1/3, di conseguenza cambiando avevi il doppio di probabilità di vincere."
Ero perplesso, ma il discorso sembrava filare. Continuò
"Prova a pensare, la stessa situazione ma (eccolo era qui che lo aspettavo!) con un mazzo di carte da 52. Supponiamo che tu debba pescare una carta. Vinci se trovi l'asso di cuori. Tu peschi una carta. Ora io che le vedo, le scarto tutte tranne che una. Sei ancora convinto che sia più probabile che l'asso di cuori sia quella carta che hai in mano? Così mi sembra più evidente ancora..."
Non mi rimase che concordare con un laconico "In factis..."


domenica 25 novembre 2012

III: La uno, la due o... la trè?

III: La uno, la due o... la trè?

L'altro giorno ero andato un attimo dal barbiere, mio acerrimo nemico e dirimpettaio, a farmi prestare un po' di balsamo che avevo finito. Appena sono entrato nel salone ho visto una miriade di persone tristi che stavano intenti, per ammazzare il tempo dell'attesa, in giochi complicatissimi: a scacchi, a scacchi senza vedere la scacchiera, a scacchi progressivi, a go, a reversi e a un'altra miriade di giochi di cui non conoscevo nemmeno lontanamente il nome. 


Ma ora mi chiedo, non ci sono già tante cose da pensare nella vita di tutti i giorni per dover sentire il bisogno di pensare e di stressarsi (perché vi assicuro erano tutti molto stressati!) anche quando si gioca? Se volete divertirvi nell'attesa, venite nel mio salone. Organizziamo giochi più divertenti e meno impegnativi: la tombola, l'albero della cuccagna, il sette e mezzo, e anche altri che- per motivi legali- non posso nemmeno citare in questa sede.

Proprio mentre vi sto raccontando questi aspetti funzionali del gioco nella società moderna, arriva la telefonata che stavo aspettando da mesi! Sono riuscito a prendere la linea per il gioco più emozionante del momento: le porte della sala di Monti. Si lo so che non lo avete mai sentito. E' relativamente nuovo. E' molto simile al gioco dei pacchi (altro evento imperdibile del palinsesto televisivo) ed ora ve lo spiego velocemente. C'è un conduttore che ci invita a scegliere una delle tre porte possibili: la uno, la due o la trè. Dietro a una di queste porte c'è una bellissima macchina, dietro le altre due c'è una capra. Lo scopo del gioco è- ovviamente- trovare dietro quale porta si cela l'automobile. Tutto qui. Adesso però lasciatemi rispondere al telefono che se perdo la linea faccio una strage!


Salto per l'emozione i convenevoli, il conduttore mi chiede dietro quale porta è il fantastico premio e io mi ritrovo a fare la delicata scelta. Quanto vorrei avere qui in questo momento qualcuno dei tipi tristi che frequentano la tristissima bottega di Russell qui di fronte, loro si che mi saprebbero consigliare il numero giusto. Come ci posso ragionare? Il tempo stringe e serve un numero. Vediamo... se sommo le dita delle mani a quelle dei piedi dividendole per il numero degli arti aggiungendo il numero delle teste e dividendo per il numero di brufoli che ho sulla fronte... si ho deciso. Scelgo la porta numero due! Il mio ragionamento non fa assolutamente una piega. Giunti a questo punto il conduttore- da regolamento- mi deve fare una proposta. Il bravissimo Mario da Filippe (l'erede naturale dell'indimenticato Michele Goodmorning) ha aperto la porta numero tre, dietro alla quale c'era una graziosa capretta. Mi sta chiedendo se voglio cambiare la mia scelta. Se voglio passare, cioè, dalla porta che ho scelto, all'altra rimasta chiusa, la numero uno. 
Visto che le grandi menti sono tutte dal barbiere qua davanti, se c'è qualcuno qui nel mio salone che potrebbe darmi una mano, gliene sarei davvero grato. Devo perseverare nella mia scelta oppure devo cambiare porta? 

venerdì 23 novembre 2012

II (S): Tempus fugit

Tempus Fugit

Stavo quasi per rinunciare al calendario perpetuo da mettere nella mia bottega. Ero quasi rassegnato. Stavo con il telefono in mano per ordinare l'ultimo calendario di Frate Indovino quando d'improvviso nella bottega qualcuno riesce a sciogliere l'inghippo di come sistemare i numeri sui due dadi in modo da  poter formare tutti i numeri da 01 a 31 per ogni mese. 



La soluzione viene da una ragazzo originario di qui, ma che vive tutto l'anno a Roma. Una volta viene per arricciarsi i boccoli alla Telespalla Bob, un'altra per farsi rasare qualche parolaccia sulla testa praticamente glabra. Nessuno sa cosa faccia di preciso nella vita: c'è chi dice che studia, c'è chi dice che spaccia. A me piace pensare che faccia un po' e un po'. 


"E' semplice!" Ha esclamato con un non poca soddisfazione. Questo è il ragionamento che ha seguito:

"In entrambi i dadi devono esserci per forza: 0,1,2. L'1 e il 2 è chiaro: esistono l'11 e il 22 di ogni mese. Per quanto riguarda lo 0, basta pensare che deve essere affiancato alle altre nove cifre per indicare i giorni di inizio mese: 01, 02,.., 09. Ora rimangono soltanto tre numeri da mettere in ogni dado. All'inizio qualsiasi combinazione tentassi, difettava di un numero. Ero lì lì per rinunciare, quando, da un sito che seguo la notte per un corso di falegnameria on line, mi è venuta l'ispirazione. E' vero che non posso mettere tutte le cifre che mancano nelle rimante facce dei due dadi, ma questo solo finché continuo a considerare il 6 e il 9 come due cifre differenti! Ma i dadi nel calendario perpetuo li posso spostare e muovere. Quindi il 9 altro non sarà che un 6 messo al contrario! Ora si possono scrivere tutti i giorni di ogni mese. Provare per credere."

Certo non sarà un problema che scuote le fondamenta della fisica come quelli che si discutono dal barbiere mio acerrimo nemico e dirimpettaio, però almeno potrò ornare la bottega con un bel calendario perpetuo in mogano che mi ha promesso il mio amico Sandro. 

mercoledì 21 novembre 2012

II: Tempus fugit

Tempus Fugit

Qualche tempo fa, quando frequentavo la bottega del barbiere di Russell per imparare il mestiere, mi ricordo una giornata molto particolare. Era un caldo pomeriggio d'estate, nello stadio del paese si giocava la più importante partita della stagione ma nonostante questo c'era molta gente nella sala. Tutti aspettavano uno dei tagli prodigiosi per cui è tanto rinomato il giovane barbiere inglese. 
C'erano diversi tedeschi quel pomeriggio in attesa. Uno di loro, Emanuele, a un certo punto si lamentò che c'era da aspettare ancora parecchio e che il suo tempo era troppo prezioso per essere sprecato in quel modo. Lui era un tipo molto preciso, quasi maniacale e non poteva tardare nemmeno di un secondo la sua routine giornaliera.  Stefano, un americano, probabilmente in vacanza da queste parti, osservò che non era importante quanto si dovesse ancora aspettare, ma sapere cosa fosse successo nei primi tre minuti dopo l'apertura dell'esercizio. La gente- giustamente- non lo degnò di risposta. Un altro distinto signore (Alberto se non ricordo male- in ogni caso per non creare confusione lo chiameremo così) si intromise nella discussione con una teoria quantomeno bizzarra. Rivolgendosi al cliente che si era lamentato per primo dell'attesa, disse che il tempo gli sembrava trascorrere lentamente perché si stava agitando troppo. Sarebbe passato in un attimo se solo fosse stato più fermo e calmo!


"Mi vuole forse prendere in giro?" si inalberò immediatamente il signore già visibilmente irrequieto. Alberto aveva un forte accento tedesco e una capigliatura molto disordinata che sembrava fino ad allora non essere stata mai domata dalle forbici di un barbiere e continuò così:
"Non la voglio prendere in giro- replicò serio Alberto- soltanto che quando uno corre corre corre corre velocissimo... il tempo, che da sempre è galantuomo, rallenta il suo incedere per venirgli un pochino incontro."
Emanuele non ce la fece più, si rimise in capo il cappello e, nello sbattere con violenza la porta della bottega, fece notare che aveva già accumulato dieci minuti di ritardo e che sarebbe andato a stare fermo altrove per recuperare quel tempo perduto.
Nel frattempo entrò nel negozio un giovanotto, con una sciarpa variopinta al collo. Trafelato era appena tornato da un derby infuocato con tanto di polemiche e veleni sul finale. Con la curiosità che soltanto un ultras che per causa di forza molto maggiore si è perso la partita dell'anno della sua squadra, Stefano- rimasto in silenzio fino a quel momento- chiese: "Eri a vedere la partita? Davvero? E cosa è successo nei primi tre minuti?"


Anche nella mia bottega ci sono state discussioni profonde riguardo al tempo che meriterebbero trattati e trattati. Si è disquisito su quanto tempo dura di media un fidanzamento di Belen, quanti minuti deve essere bollito un uovo per cucinarlo alla coque prima che diventi lesso, quanto tempo deve trascorrere prima che uno si possa definire ufficialmente in ritardo etc... Tutte questioni di fondamentale importanza. Però una questione ancora non sono riuscito a risolverla e ve la provo ad esporre a voi.
Nel negozio di fronte hanno un orologio atomico che scandisce il tempo. Mi sembra che commetta l'errore di un secondo ogni cento miliardi di anni. Beh questo è quello che farebbe se non gli toglieste di nascosto le batterie come ho fatto io... ora gli ci vorranno tre giorni prima di risistemarlo. A parte questo piccolo dettaglio. Io volevo mettere nella mia bottega uno strumento per calcolare il tempo, un po' meno preciso ma inattaccabile da questo tipo di sabotaggi. Dopo un lungo cogitare, ho pensato di farmi costruire un calendario come quello che vedete nell'immagine sopra. Il mese si sceglie esponendo una delle facce maggiori di uno dei tre parallelepipedi che stanno in basso. E i giorni dal 01 al 31 di ogni mese si dovrebbero ottenere con i due dadi a sei facce posti sopra. Dico dovrebbe, perché il falegname a cui mi ero rivolto per costruirlo è tornato dicendomi che aveva provato e riprovato ma non era riuscito a distribuire i numeri sui due dadi in maniera funzionale. Gli mancava sempre uno. Sapreste dirmi se è il mio falegname che è un incapace o se tali calendari non si possono costruire utilizzando soltanto due dadi?

PS Qualcuno nel negozio fece presente che mentre l'orologio atomico del mio acerrimo nemico segnava anche l'anno e l'era geologica, questo non mostrava nemmeno l'anno. Beh se uno non si ricorda nemmeno in che anno siamo è giusto che frequenti il barbiere di fronte!


sabato 17 novembre 2012

I (S): Il cane di Russell


Il cane di Russell (Soluzione)

Prima di tornare a parlare del mio cagnolino (guardatelo in foto quanto è carino e che faccia innocente!) voglio premettere una cosa: visto che- a differenza di quanto si mormora nella bottega del barbiere mio dirimpettaio- nel mio salone i prezzi di listino sono ben esposti in vetrina e tutto quanto è di una chiarezza disarmante, i post del parrucchiere di Russell avranno questa struttura: un progressivo romano (eh si, siamo rimasti fedeli alla tradizione) con il titolo denoterà il post contenente l'enunciato del problema, il progressivo romano seguito da una lettera S, sempre con il titolo, denoterà invece la Soluzione del quesito (qualora ce ne fosse) del post precedente (recante lo stesso titolo), di modo che- chiunque abbia tempo e voglia di pensarci- non giunga suo malgrado a leggere la soluzione nello stesso post. Se cerca la soluzione, lo fa con meschinità e premeditazione.



Eccoci qui, di nuovo a parlare del mio cagnolino e dell'inseguimento attorno alla casa dietro all'ormai ex gatto della vicina. La risposta a tale quesito è stata fornita da un distinto signore austriaco che frequentava il mio salone ancora prima che questo aprisse. Questo non-più-giovanotto è originario di Vienna, sulla quarantina e nessuno conosce la sua vera professione (sospetto a volte che sia un agente segreto). Proprio ieri era tornato da un suo viaggio in Giappone e, in uno dei suoi tanti ritagli di tempo libero, è passato da me a farsi tingere i capelli di rosso. E di che tinta! 
Mentre aspettava, nel suo italiano alla buona ha esposto chiaramente come ha potuto il cane fare due giri consecutivi nella stessa direzione attorno alla casa (il cui perimetro è esattamente uguale alla lunghezza del guinzaglio). Supponiamo che il cane, inizialmente parta dal punto dove è fissato il guinzaglio e faccia un giro (per esempio in senso orario) intorno alla casa. Quando completa il giro non riesce più ad andare avanti in quanto ha finito (traduzione libera dall'italo-tedesco) il guinzaglio! A questo punto non ha altre alternative se non quella di tornare indietro. Fa dunque il giro al contrario (in senso antiorario) e quando arriva al punto di partenza avrà ancora a disposizione tutta la lunghezza del guinzaglio per fare anche il secondo giro continuando nella stessa direzione (sempre antiorario).
Certo che a ripensarci era davvero una cosa semplice. Come ho fatto a non pensarci prima! 
Vi invito a proporre questo semplice rompicapo ad amici, parenti e colleghi. Non saranno pochi quelli che vi risponderanno con soluzioni fantasiose (guinzagli che si rompono, guinzagli elastici, cani che entrano in casa... solo per citarne alcune) piuttosto che limitarsi all'unica strada percorribile dal cane e dal solutore. Succede anche questo nel nostro salone delle futilità.

PS Nel salutarvi, il parrucchiere di Russell ci tiene a precisare che per narrare le vicende di questo episodio non è stato legato né maltrattato alcun cane.

mercoledì 14 novembre 2012

I: Il cane di Russell

Inaugurazione del locale

Benvenuti a tutti in questo locale per pochi infimi. Il parrucchiere di Russsell nasce con l'intento di rubare un po' di clienti all'omonimo barbiere che ogni giorno, dall'altra parte della strada,  ha la bottega piena. 
Ovviamente la sala e l'ambiente qui sono completamente diversi. Di là è sempre pieno di gente seriosa e triste. Uomini chiusi e meditabondi nei loro fogli, nei loro calcoli, nelle loro formule incomprensibili.
Avreste dovuto vedere che faccia aveva il primo cliente che aveva inaugurato il locale. Se non ricordo male si chiamava Laudadio, o qualcosa di simile. Quello che sicuramente ricordo è che se ne andò via tristissimo. Era la fine dell'Ottocento (eh si perché questo locale ormai ha una solida tradizione), e un signore con una barba nera lunghissima- che a vederlo sembrava di primo acchito un taglialegna-  se ne andò strappando pagine e pagine di un manoscritto che aveva impiegato anni a terminare. Anzi, diceva che stava per dare alle stampe anche il secondo volume. Se ne uscì con la barba ancora integra, non scalfita nemmeno di striscio dalla lama del barbiere. Anche i capelli a guardarli bene sembravano a uno a uno nella stessa identica posizione che li aveva prima che entrasse nella bottega. Ho provato a chiedergli cosa è che non lo avesse convinto in quella nuova attività aperta poche ore prima da un giovanotto inglese di nome Bertrando. Aveva 19 anni appena questo ragazzo ma di lui la gente già elogiava il talento. Cosa poteva aver fatto di così orribile a quell'omaccione tedesco? In fondo- mi dicevo- tutti possono sbagliare. C'era bisogno davvero di prendersela così? 



E' passato poco più di un secolo da quel giorno, dal primo cliente. E la bottega ha visto nell'arco di questi cento anni clienti di ogni genere: ingegneri, fisici, matematici, scrittori (mi ricordo il giorno che in un angolo della via adiacente uno scrittore brasiliano, un tale Jorge, mi chiese le indicazioni per arrivare dal "famoso" barbiere), logici, saltimbanco, parolieri, etc... sono passati migliaia e migliaia di persone in quel locale. Così tante che mi ha fatto sempre parecchia invidia. Invidia fino a un certo punto però, era molto frequentato è vero, ma come vi ho già detto, erano tutte persone tristi, paranoiche (alcuni le definirebbero geniali- non io!), con grossi problemi a relazionarsi con gli altri e tra loro. Per questo dopo tanti anni ho deciso di aprire un locale diverso, per persone più easy (Bertrando che è inglese me lo concederà questo termine, soprattutto quando si accorgerà che gli avrò rubato parecchi clienti!), più rilassate, più leggere, i cui problemi non debbano necessariamente confluire nelle basi dell'esistenza o nella ricerca dell'ultima suprema verità. Qui si faranno giusto chiacchiere per passare un po' di tempo, magari si farà del gossip e i problemi che verranno trattati saranno totalmente futili.



Anzi, voglio essere proprio io il primo ad aprire la danza delle futilità. Questa questione mi ha tenuto sveglio tutta la scorsa notte. Tre giorni fa avevo lasciato il mio cagnolino (che, per ripicca con il mio dirimpettaio di bottega ho chiamato Jack Russell), legato a un angolo della mia casetta (della quale avevo chiuso prima di uscire tutte le porte e tutte le finestre) con un guinzaglio che era lungo esattamente quanto il perimetro della mia casa. Così lui poteva muoversi abbastanza liberamente ma senza scappare o finire sotto qualche camion in corsa (dai quali, per qualche incomprensibile ragione, è sessualmente attratto).
Quando sono rientrato ho trovato la mia vicina che, appena mi ha visto, mi ha cominciato a inveire contro. Sosteneva che il mio cane, dopo avere fatto due giri consecutivi e nella stessa direzione attorno alla casa, in un interminabile inseguimento, aveva acciuffato e mangiato il suo povero gattino (Gotty).
Le dissi che la cosa mi sorprendeva moltissimo. Non che avesse mangiato il suo povero gattino (d'altronde quello fa parte della natura- e, detto tra noi, mi stava anche un po' sui coglioni), ma che il mio piccolo Jack fosse riuscito a fare due giri consecutivi nella stessa direzione attorno alla casa. 
Mi stava dicendo la verità? Oppure era soltanto una scusa della vecchietta per prendersela con la mia piccola peste (guardate la foto, quanto è carina!)? 
Visto che i clienti del barbiere sono tutti studiosi troppo impegnati per occuparsi di questa questione io chiedo aiuto a voi. Può essere successo davvero? Se si come?


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