mercoledì 11 dicembre 2013

XI: Galeotto fu il quesito e chi lo scrisse 1

Galeotto fu il quesito e chi lo scrisse 1

Brutta giornata in bottega. Le ingiuste eliminazioni di Juventus e Napoli dalla Champions hanno reso il clima della serata quasi surreale. Imprecazioni da una parte e dall'altra per arbitri collusi o corrotti e campi che non sarebbero stati buoni nemmeno per sementare le patate! "Tutti in galera!" Gridava il fruttivendolo all'angolo della strada qui di fronte. 
"Non direste così"- se ne uscì un signore sull'uscio della mia bottega mentre entrava- "Non direste così se voi aveste vissuto veramente questa esperienza! Non si augura a nessuno".
Improvvisamente le imprecazioni nella bottega lasciarono spazio a un silenzio indagatore. Chi era costui? Perché era stato dentro? Spaccio, rapina, omicidio, feste galanti?
"Loro dicevano per dire..."- cercai di ammorbidirlo io- "dovresti saperlo che in questo paese puoi mettere un popolo in ginocchio con politiche scellerate e decisioni anticostituzionali ma non puoi negare un rigore sacrosanto a nessuno!"
"E' vero... ma io sono appena uscito da un carcere tenuto più in piedi dal sadismo dei piantoni che dalla giustizia ordinaria. E alcuni miei compagni staranno lì ancora per 10 anni per un assurdo gioco al massacro..."
"Ma se con l'indulto vi hanno fatto uscire tutti?- apostrofò il signore sotto le mie forbici- di che vi lamentate? Cosa vai blaterando?"
"A parte che i detenuti che rientrano nella liberazione dell'indulto sono una piccolissima percentuale... ma il discorso è che nel carcere dove sono stato io ormai non c'erano più regoli, né leggi, né religione..."

"tutto è iniziato quando nella casa di detenzione è entrato il nuovo direttore. Dicevano che era una brava persona. Ma il potere logora... e a lui fece un brutto effetto. Per alcuni versi mi sembrava la stessa vicenda del colonnello Kurtz in Apocalipse now..."
"Si ma arrivando al dunque... " urlò spazientito un signore, un ex poliziotto in pensione che viene in bottega praticamente una volta a settimana.
"Noi eravamo dentro tutti per reati di povertà. In genere piccoli furti. Eravamo 10. E ci chiamò nella sala riunioni per darci quella che lui definì una grande opportunità. Ognuno di noi in media aveva da scontare là dentro un anno e mezzo. Così lui ci disse che l'indomani mattina avremmo fatto un gioco. Ci avrebbero messo in fila uno dietro l'altro in modo tale che l'ultimo poteva guardare i nove davanti, il penultimo gli otto davanti e così via fino a quello davanti al muro che non vedeva nessuno.
Ci avrebbero messo in testa un cappello che poteva essere o bianco o nero. Ma non sapevamo quanti fossero i cappelli bianchi o neri (per quello che riuscivamo a capire avrebbero potuto essere anche tutti dello stesso colore). Nessuno riusciva a vedere il proprio cappello ovviamente. A partire dall'ultimo (quello che vedeva tutti gli altri 9) fino al primo ognuno di noi avrebbe dovuto dire un colore, o bianco o nero. Se il colore che diceva corrispondeva al colore del cappello che gli avevano messo in testa poteva uscire di prigione il giorno stesso, altrimenti doveva restare in prigione per 5 anni. A nessuno purtroppo fu data la possibilità di non giocare o non rispondere. Però avevamo una notte per decidere una strategia per salvarne il più possibile."
"Non potevate mettervi d'accordo per esempio sul tono della voce da usare per dire il colore? Per esempio se quello davanti a me ce l'ha bianco parlo con accento francese, se quello davanti a me ce l'ha nero parlo con finto accento tedesco..."
"Purtroppo non potevamo fare altro che dire un colore. Bianco o nero. Senza inflessioni. Senza cercare di comunicare altro se non il semplice colore. Se avessimo provato a imbrogliare in qualche modo, ci avrebbero fatti rimanere tutti e 10 in prigione per 15 anni. Non ci conveniva..."
"Voi che avete fatto? Vedo che tu sei fuori, quindi forse siete riusciti a trovare una strategia decente..."
"Ci siamo salvati appena in 5... abbiamo trovato una strategia ma non si è rivelata tanto efficace. Quelli nei posti pari (il decimo, l'ottavo, il sesto...) dovevano dire il colore del cappello di quello che vedevano davanti."
"Scusa così non vi siete riusciti a salvare almeno in 9?"
"No... perché quelli nei posti dispari dovevano dire- se si volevano salvare- il colore che gli era stato suggerito da quello precedente. E quindi non potevano dare nessuna informazione a quello dopo..."
"In effetti.. avete trovato una situazione sfortunata tipo questa allora per salvarvi appena in 5: 
B N B N B N.... l'ultimo della fila che aveva il cappello bianco, per gli accordi presi, doveva dire nero, quello dopo quindi ripeteva nero... ma il secondo bianco- il terzo a parlare- doveva dire nero perché era il colore del suo predecessore... che purtroppo non coincideva col suo..."
"Eh si.. è andata così. Mi dispiace per i compagni rimasti in cella. Il comandante ha detto potevamo trovare una strategia- lecita- migliore che portava a salvarne per certo almeno 9! Ma io non ci credo..."

In effetti è un bel quesito. Riassumendo. 10 prigionieri verranno messi l'indomani una dietro l'altro: l'ultimo della fila vede tutti gli altri davanti a sé, il penultimo gli 8 davanti... fino al primo che non vede nessuno. Sulle loro teste verrà messo un cappello che può essere o nero o bianco. A partire da quello che vede tutti, a turno, fino al primo che non vede nessuno, ognuno di loro potrà dire soltanto "Bianco" o "Nero". Se il colore che una persona pronuncia coincide con il colore del cappello che indossa, il prigioniero in questione è libero. Altrimenti dovrà scontare quasi 4 volte la sua pena. I prigionieri hanno una notte di tempo per trovare una strategia che li porti a salvare nel maggior numero. Qualcuno dice che se ne possono salvare almeno 9. Come potrebbero fare? Bene saperlo... visto che un domani, con l'aria che tira, potremmo essere noi dietro le sbarre!














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